hotend, cos’è e come funziona

Hotend, come è fatto e come funziona

L’hotend è una delle componenti più importanti delle stampanti 3d FDM in quanto si occupa della fusione e successiva deposizione degli strati (layers) del nostro pezzo da stampare.

Anche se, banalizzando, si potrebbe dire che il suo compito è “solo” quello di sciogliere il filamento, la realtà ci insegna che per svolgere bene questo semplice passo, un hotend deve avere delle caratteristiche qualitative di componentistica ed assemblaggio non indifferenti per garantire un buon funzionamento senza problemi.

Come è composto?

Le parti che compongono un hotend non sono molte e le raggrupperò in 3 sezioni che poi analizzeremo singolarmente.

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Andiamo a conoscere meglio l’importanza delle 3 zone partendo dall’ingresso per il filamento con attacco pneumatico.

E’ sicuramente la parte meno critica dell’hotend, deve solo garantire l’ingresso del filamento nel corpo vero e proprio dell’hotend. L’attacco pneumatico ospita il tubo in ptfe dove scorre il filamento. L’attacco pneumatico è avvitato al corpo dell’hotend e garantisce l’assenza di giochi nel caso si tratti di estrusore indiretto tipo bowden
hotend
La parte in più di tubo in ptfe che fuorisce dall’attacco pneumatico (in realtà entra nel corpo dell’hotend) contribuisce a far arrivare il filamento nella zona “calda” dell’hotend nella maniera più fluida possibile.

Si usa il ptfe perché è un polimero che garantisce un ottima resistenza al calore anche elevato, nessuna igroscopicità e un coefficiente d’attrito molto basso.

In parole povere non subisce deformazioni se esposto ad alte temperature, quindi nessuna variazione di dimensioni, e assicura un ottimo scorrimento del filamento nella parte dell’hotend subito sopra quella che viene definita melt zone e cioè il blocco dove avviene la vera e propria fusione del materiale utilizzato per la stampa.

Ad aiutare il ptfe ci pensa un dissipatore di calore a cui spesso viene aggiunta una ventola per contribuire a mantenere fredda questa seconda parte dell’hotend, sempre per permettere una buona scorrevolezza del filamento. Questa seconda zona dell’hotend è decisiva per un buon funzionamento dello stesso e vediamo perché.

Nella melt zone in fase di stampa avremo temperature che a seconda del materiale utilizzato, andranno dai 195° a oltre 250° e inevitabilmente avremo del calore che risale lungo il corpo dell’hotend.

Un eccessiva temperatura nella parte centrale potrebbe far aumentare di volume il nostro filamento fino a limitarne il suo corretto scorrimento o addirittura a bloccarlo, ecco perché questa zona chiamata anche cold zone, ha un impatto decisivo per il lavoro del nostro hotend.

La terza parte dell’hotend, il blocco dove avviene la fusione del materiale, svolge un attività relativamente semplice ma che deve essere fatta bene: fonde il filamento e lo deposita per creare il nostro oggetto stampato.

Cosa influenza la qualità del lavoro di questa sezione chiamata melt zone? Sono tre semplici ma determinanti caratteristiche svolte da altrettante componenti: La resistenza riscaldante, il nozzle e non ultimo il termistore.hotend

Vediamo perché. Una volta trovata la corretta temperatura di fusione del nostro materiale sarà importantissimo che questa rimanga costante, non subisca oscillazioni neanche di pochissimi gradi. La qualità della resistenza o cartuccia riscaldante sarà fondamentale affinchè il filamento possa essere estruso il più omogeneamente possibile.

Il termistore non è “solo” una sonda per la temperatura: le sue letture ed i tempi con cui reagisce alle variazioni sono le informazioni che permettono al nostro controller di gestire la resistenza e di conseguenza il funzionamento di cui parlavamo prima.

Il nozzle è un po’ come il pennello di un pittore. Più il suo tratto è preciso meglio verrà il quadro, nel nostro caso la stampa del nostro oggetto. Generalmente sono di ottone ma esistono anche in acciaio e si trovano con il diametro del foro di uscita da 0,2 mm fino anche ad 1 mm e oltre.

Ovviamente, maggiore sarà il diametro minore sarà la qualità in termini di precisione -anche semplicemente estetica- della nostra stampa. In realtà esiste una quarta zona negli hotend ed è quella che unisce il corpo con il blocco fusione.

heat break

Generalmente non visibile dall’esterno unisce il corpo dell’hotend con la melt zone e può anche costituire il supporto per il nozzle.

Lo scorrimento di cui parlavo circa la seconda zona è in realtà dipendente da questa parte definita heat break. E’ infatti al suo interno che troviamo ancora il ptfe per facilitare lo scorrimento del filamento.

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